Scleranthus alcune riflessioni (Eduardo H. Grecco) - Fiori per l'anima

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Antonella Napoli
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Scleranthus alcune riflessioni (Eduardo H. Grecco)

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Continuando il nostro viaggio tra i 12 guaritori siamo arrivati a Scleranthus. Sempre aiutati dalle interessanti riflessioni del dr. Grecco. Ho raccolto e tradotto i post sull'essenza floreale che lui ha pubblicato sul suo profilo Facebook e che sono molto interessanti per approfondire, riflettere e scoprire aspetti più nascosti di ogni essenza.

Quello che è emerso l'ho diviso in varie parti, cercando di darne un titolo che ne riassumesse il contenuto. Cliccando sul titolo potete andare a leggere direttamente la parte di vostro interesse, oppure leggere tutto l'articolo scorrendolo di seguito. Buona lettura! Antonella Napoli


Riflessioni su Scleranthus





Scleranthus: Modi di amare
Forse, dal primo Guaritore, Bach porta il tema dell'amore in discussione nei suoi rimedi. Un resoconto che parte da chi non ha bisogno di null’altro che di sé stesso, che non ha tempo per transitare attraverso i territori di questa esperienza affettiva, fino a colui a cui è richiesto di spogliarsi di ogni credenza e abbattere ogni armatura, per scoprire chi ama veramente.
 
Nel percorso tra IMPATIENS e ROCK ROSE, si innalza tutto un universo di modi di amare ed essere amati, un intelaiatura dove la danza dell'Anima, nella delizia amorosa, non è estranea a come ognuno di noi è. Ciò dipende da come amiamo e cerchiamo di essere amati, una caratteristica intrinseca della personalità. Forse, questa è l'essenza che rivela il nostro modo di essere.
 
Così, l'amore affrettato di IMPATIENS, lascia il posto a quello romantico di CLEMATIS, quello evitante di MIMULUS o il torturato e tormentato di AGRIMONY prima di arrivare a quello egoista di CHICORY, all’esaltato di VERVAIN, al tirannico o dipendente di CENTAURY, o all’idealizzato di CERATO . E lì, in quel punto che sembra esserci quasi un bivio, appare come una metafora l'amore saggio, quell'amore in grado di integrare le polarità. O il suo contrario, l’altro lato dell’amore esclusivo che porta la persona a vivere lacerate tra calamite di forze opposte senza essere in grado di darsi pienamente a nessuna. E, entrambe le versioni, vivono in SCLERANTHUS .
 
SCLERANTHUS, in molti modi, forse è l'essenza che più ci avvicina al Buddismo, a quello sguardo sul mondo e sul singolo che niente esclude, tranne l'esclusione, che si impegna solo nella ricerca dell’equilibrio. È molto difficile narrare su un'esperienza, specialmente su una che non si pratica.
 
È che, in alcuni momenti mi sento così lontano dalla morbida oscillazione della proporzione, mi è costato tanto imparare ad unire prima di separare, mi è difficile non rimanere fermo su due sponde, che mi sembra strano, anche se molto educativo, essere convocato a tentare di trasmettere un insegnamento sulla virtù che riversa SCLERANTHUS. Quindi, finché non arriva il momento e il clima cambia, forse, vedremo il lato oscuro di questo fiore.







Scleranthus: Completezza ed oscillazione, il bivio
SCLERANTHUS , è caratterizzato dal talento di comprendere la naturale dualità della vita e di integrare gli antagonismi, non vederli come escludenti. E, in tal senso, SCLERANTHUS aiuta a vedere l’ordinario nel diverso e il diverso nell’ordinario. In questo percorso, Bach, indica che "L' amore che più unisce è quello dà più libertà" e lo dice in un contesto dove parla di saggezza. È possibile immaginare SCLERANTHUS correlato alla saggezza. Ma con un tipo di saggezza molto differente da quella analitica e filosofica, anche se pratica, che caratterizza CERATO, molto diversa anche dalla riflessiva e distante che professa WATER VIOLET, o dalla stoica di CENTAURY, o dall'impetuosa e indagatrice di VERVAIN, carica, d'altra parte, di apostolica certezza.

Diversa ma alla fine saggezza: per comprendere questa saggezza, che comporta determinazione e fermezza, si deve considerare che il modo di essere di SCLERANTHUS non sta tanto nell’offrire stabilità quanto nel fornire la completezza. Il suo compito è insegnarci che l'esclusione impoverisce, che ci allontana dall'unità e che, in fondo, riflette profonde paure egotiche. La saggezza che dona questo piccolo fiore deriva, invece, dall'intuizione e dall'esperienza, da ciò che permette alla persona di oscillare nell'ambivalenza della vita e della natura, e vivere quell’andare e venire come un dato reale dell'esistenza e non come conflitto.

Un’oscillazione che può fare male ma che non è sofferenza. Riposare nella sicurezza dell'intelletto e mettere da parte l'intuizione quando, come sottolinea Bach, l'intuizione è la voce dell'Anima, è il peccato del lato oscuro di SCLERANTHUS. Ciò lo porta al fatto che, quando si trova di fronte a dover prendere una decisione, è sordo alla chiamata della sua parte interiore, come se la sua connessione con la fonte intuitiva della vita fosse bloccata o rotta. In questo modo, il legame che lo unisce al suo Essere, è tagliato. In questo c'è una somiglianza significativa con CERATO. È una buona ragione per cui, questo rimedio, porta a sviluppare non solo la forza, la determinazione e l'ascolto interiore, ma anche una profonda necessità e volontà di arrendersi all'apprendimento attraverso la vita e l'esperienza.
 
Direzione, accompagnata, in tale intensità, forse solo da WILD OAT, WILD ROSE e, in un certo senso, VERVAIN. Neanche, bisogna dimenticare la funzione, che in questa storia ha un significato singolare, di essere il fiore dei bivi, dove le cose importanti accadono, dove si verificano i cambiamenti inesorabili. Come abbiamo visto e vedremo, la narrazione mitica di Ulisse, sempre di fronte a biforcazioni ed incroci, che lo portano lungo il sentiero che deve percorrere per imparare ma, davanti al quale non ha bisogno di sceglierne uno, ma integrare entrambi per andare avanti. Prendere la via di mezzo come nel mito di Scilla e Cariddi è sempre la risorsa che fornisce SCLERANTHUS .

E lo stesso di Ulisse, accade ad Edipo, Teseo, Giasone.... come modelli del percorso degli esseri umani alla ricerca della propria individuazione che transita attraverso incroci e bivi. Qui è bene non dimenticare che l’incrocio non è solo un dilemma, è anche incontro, punto di ritrovo. La vita è piena di scelte, di polarita che non dobbiamo permettere che ci sbranino e, per questo, abbiamo bisogno del contributo di questa essenza che riesce a darci la chiarezza della visione mentale: l’abilità di prendere decisioni rapide; la determinazione e calma di fronte alle difficoltà . “(...)aiuta a for­marti opinioni corrette e a seguirle fermamente” (Bach).







Scleranthus: Non esiste una scelta migliore
Ieri ho ricevuto una mail con una storia dolorosa. Il suo autore, all'epoca terapeuta floreale, mi ha chiesto “Come posso guarire il mio massiccio VERVAIN? Come curare questo dogmatismo e violenta passione che mi confonde e mi fa distruggere tutto ciò che amo?"Oltre a prendere i fiori, diventa buddista", è stata la mia risposta. È che anni fa ho letto un testo di Jorge Luis Borges che mi ha fatto riflettere su quella risposta. Lo condivido perché non è sprecato e mostra, d'altra parte, la stretta connessione di VERVAIN e SCLERANTHUS. "Non ha mai fatto ricorso (il Buddismo) al ferro o al fuoco, non ha mai pensato che il ferro o il fuoco fossero persuasivi.”

Quando Asoka, imperatore dell'India, diventò buddista, non cercò di imporre a nessuno la sua nuova religione. Un buon buddista può essere luterano, o metodista, o presbiteriano, o calvinista, o scintoista, o taoista, o cattolico, può essere proselita dell'Islam o della religione ebraica, liberamente. Invece, non è permesso ad un cristiano, un ebreo, un musulmano, di essere buddista.
  
In "Alcune considerazioni fondamentali sulla malattia e la guarigione", Bach, pone come archetipo di SCLERANTHUS "La Banderuola al vento", facendo questo quadro: "La nota dominante di questo tipo è la mancanza di stabi­lità e fiducia. Poiché manca la sicurezza in sé, queste persone cercano sempre il consiglio degli altri e oscillano tra le diverse opinioni degli amici. Non riescono a prendere decisioni, e come risultato sono mentalmente tormentate. Sono nervose e senza pace; evitano le responsabilità e le persone, eccetto quando hanno bisogno di aiuto. Il loro difetto è che fanno assegnamento unicamente sull’intel­letto e non sull’intuizione. Hanno difficoltà a concen­trarsi, in quanto scivolano da un argomento all’altro." Questo paragrafo, davvero notevole, oltre a descrivere la chiave essenziale di questo tipo floreale, tanto contrario al modo di funzionare di una personalità VERVAIN, ma così intimamente legato a questo dall'attaccamento al mentale, mette in luce un'altra questione che collega questo Fiore con AGRIMONY, OAK (con il quale si congiunge anche per instabilità e bipolarità) e WHITE CHESTNUT, tutte essenze in cui, ad un certo punto, Bach usa la parola tortura o tormento.
  
Ed a questo voglio dare visibilità, non solo per cancellare il fatto che non sempre il paziente che si sente "torturato" è AGRIMONY, ma anche per sottolineare che non è la dualità in sè, la questione SCLERANTHUS, ma lo è, invece, la dualità straziante, sofferente, dolorosa. Questa condizione è, in una certa misura, l'aspetto AGRIMONY di SCLERANTHUS, un’emozione che lo deve portare a rendersi conto che "quando ti trovi ad un bivio nella vita, ricorda che il più grande ostacolo che puoi metterti davanti è l'idea che esista una scelta che è quella corretta." (Story Waters). Tremendo insegnamento di questo maestro spirituale, il cui tema è la luce all'interno di ognuno. Per qualsiasi personaggio, maggiormente se dogmatico, è un segnale di cambiamento di credo essenziale. È come dire a SCLERANTHUS: non perdere tempo a lacerarti nel capire quale sia la scelta migliore. Non esiste una scelta migliore di quella che segui.






Scleranthus: Il paladino, lo stratega
Verso la fine del 1930, Bach concepì SCLERANTHUS non solo come il tipo "Banderuola " ma anche, come l'archetipo del "Paladino". Anche se non usa questo termine nei suoi scritti, l'idea è presente. Ad esempio, in un tratto dei primi scritti su SCLERANTHUS dice: “Sviluppate caratteristiche di un leader efficiente, cosi come COTYLEDON stimola le qualità di un buon soldato. " Ci si può interrogare su cosa porta Bach a concepire una tale diagnosi su questo fiore. Forse, il fatto che questa essenza fornisce alla persona “…chiara visio­ne mentale, capacità di prendere decisioni rapide, deter­minazione e calma di fronte alle difficoltà." (Bach) Naturalmente, tutte qualità di un dirigente.

Forse, una figura più precisa per descrivere questo fiore sarebbe "Lo stratega", quell’umore che i cinesi attribuiscono al fegato. Segnalo la questione per una ragione clinica: SCLERANTHUS è un rimedio che offre un'importante azione terapeutica su questo organo.
 
Diamo un'occhiata al soldato. COTYLEDON, il soldato, è uno dei rimedi sbagliati di Bach che ha legato al tipo isterico, anche se tale concetto non deve essere letto alla luce della tabella psicopatologica rigorosa, ma piuttosto in riferimento ad un comportamento instabile. Su questo rimedio Bach dice: “Questi pazienti sono emotivamente instabili. Eccitabili, nervosi, inutili in casi di emergenza, si agitano per inezie. Sono inaffidabili per la loro insicurezza e mancanza di controllo. Desiderano avere successo, ma falliscono totalmente per la loro natura irresponsabile. La loro debolezza li mette in grande ansia, specialmente la loro incapacità di vincere i difetti. Molti i casi di isteria: epilessia isterica e paralisi isterica rientrano in questo gruppo. Il rimedio stimola la capacità di essere coerenti, un sereno coraggio e la salda determinazione a vincere. Dona le caratteristiche del centurione romano “fedele fino alla morte”, come SCLERANTHUS sviluppa le qualità del leader.”
Ora vediamo un paragrafo di quella stessa epoca su SCLERANTHUS : Rappresentano esempi di estremi: prima depressione, poi gioia; una volta sono ottimiste, un’altra pessimiste. Sono inaffidabili e incerte perché cambiano continuamente opinione: un giorno rappresentano una buona compagnia, un altro giorno sono umorali. Talvolta cari­tatevoli e stravaganti, talaltra cattive e tristi. I loro sintomi, la febbre ecc., vanno e vengono, sorgono e spariscono con rapide oscillazioni, seguendo l’esempio del loro stato mentale."
 
Si può certamente avvertire una parentela tra i due rimedi e una certa sfumatura CERATO in COTYLEDON. Tuttavia, mi sembra che dobbiamo riflettere sulle qualità di ciascuno e sul punto in cui Bach concentra il confronto tra SCLERANTHUS e COTYLEDON: fedeltà cieca o prudenza, occhi chiusi o aperti. Un tema che SCLERANTHUS trascina ancora da CERATO, al punto che, tra le prime parole che Bach dice su SCLERANTHUS, si trova il commento che, queste persone, sono sempre alla ricerca di consigli da altri.







Scleranthus: Che strada devo prendere?
Può essere che Bach abbia preparato nei suoi primi anni, e prima di raggiungere i Sette Aiutanti, tra il 1928 e il 1932, più di quindici rimedi, anche se ci rimane la registrazione e l'informazione solo di quel numero. Infine, scelse dodici tra coloro che sono quelli che oggi conosciamo come "Guaritori" e i tre che sono stati esclusi dalla lista finale sono stati CUPRESUS, ARVENSIS e COTYLEDON. Nella costruzione del suo lavoro Bach si trovava ad un bivio: seguire il modello di descrizione dei suoi tipi floreali come la medicina naturale o decidere di optare per la nuova prospettiva che stava preparando, un approccio basato su un criterio rivoluzionario: personalità secondo i tipi di lezioni dell'Anima.

Forse, per un po' di tempo, Bach, si è spostato da una proposta ad un'altra e la decisione di scegliere l'ultima opzione è stata forse il motivo che lo ha portato ad escludere questi tre rimedi che per loro natura, anche se clinicamente utili, mancavano della qualità che si adattavano alla visione che era stata decisa. Allora è possibile, davanti alla domanda: Che cosa cercava Bach nel preparare SCLERANTHUS?, rispondere, (anche se è solo un mito), che cercava di trovare un rimedio per porre soluzione alla sua indecisione, vedere chiaramente il corso che doveva seguire nella sua ricerca e risolvere un conflitto che lo tormentava e ritardava il completamento del suo lavoro.

A questo proposito, se leggiamo quello che scrive in "Libera te stesso", dove il cambiamento di approccio su SCLERANTHUS è importante, perché, lì, mette come polarità di questo tipo floreale Indecisione/Costanza, vediamo emergere, in un modo più chiaro, la questione: "Sei uno di coloro che trova difficile prendere decisioni; formarsi un’opinione quando pensieri contrastanti entrano nella tua mente e rendono difficile decidere per il verso giusto: quando l’indecisione perseguita il tuo cammino e ritarda il tuo sviluppo: Prima ti sembra giusta una cosa e poi un’altra? Se è cosi, stai imparando a rispondere prontamente in circostanze diffìcili; a for­marti opinioni corrette e a seguirle fermamente. Il pic­colo verde Scleranthus dei campi di grano ti aiuterà a questo fine."

Se meditiamo un po' sullo scenario che Bach pone nel testo precedente, ci avvicineremo sicuramente all'Anima di SCLERANTHUS , che comprende le domande: Qual è il mio scopo nella vita? Che strada devo prendere? Come esprimere quello che provo? La struttura di un'Anima che si manifesta nel copione di una personalità di chiaro orientamento intellettuale, con un approccio mentale alternato (banderuola) e conflittuale, instabile emotivamente, incerto e duale. Vale la pena meditare su questo, per non rimanere bloccati nelle applicazioni cliniche abituali che, pur essendo molto valide, non esauriscono la ricchezza di questo fiore.







Scleranthus: Indecisione, instabilità e rinuncia
Vi invito a unirvi a me, per fare un’escursione intorno al crocevia, come un modo per approfondire la natura dell'Anima di SCLERANTHUS . Lanciarsi in questa avventura significa intravedere, questo tipo floreale, non solo legato all'archetipo del "Pioniere" e "Guerriero", forze che convergono nello "Stratega", ma anche, e in modo fondamentale, al "Tessitore", voglio dire, colui che lega, unisce, annoda, costruisce ponti e strade tra spazi diversi, collega il separato e apre il chiuso. Ma, per arrivare a questo punto, è necessario innanzitutto rafforzare la conoscenza delle caratteristiche di questo fiore, della sua struttura e delle sue dinamiche. E vi propongo di farlo per mano di Bach.

Nei testi successivi a "Libera te stesso", Bach insiste sulla questione dell'indecisione. Così, per esempio ne "I Dodici Guaritori", quel piccolo opuscolo pubblicato come edizione d'autore a Epsom, dice: "Le persone SCLERANTHUS sono piene di indecisione. Trovano difficile adattare la mente alla vita di tutti i giorni, e durante la malattia non sanno cosa vogliono; prima reputano giusta una cosa, poi un’altra. Qualità: Costanza - Difetto: indecisione." e, in " Dodici grandi rimedi ", lo rafforza: " Quando c’è indecisione, quando nulla sembra giusto, quando è necessaria prima una cosa e poi un’altra deve essere somministrato SCLERANTHUS ."

Con l'arrivo degli "Assistenti" l'importanza dell'indecisione è ancora in piedi, ma cominciano a comparire alcune variazioni che stanno collocando questo sentimento con l’etichetta di instabilità. Per esempio, in "I Dodici Guaritori e i quattro aiutanti ", Bach dice: “Coloro che non riescono a dare ordine alla propria mente nel modo che vogliono; prima gli sembra giusta una cosa, poi un’altra. I loro desideri, come i loro sintomi corporei, sembrano andare e venire. Se hanno la febbre, questa arriva e scompare. Sono privi di determinazione e incapaci di decidere rapidamente o in modo definitivo; inoltre le loro decisioni cambiano velocemente. Incertezza nelle azioni fisiche, incostanza, tremore, movimenti traballanti e incontrollati, camminata incerta. Il loro umore cambia rapidamente: prima sono allegri, poi depressi. La loro conversazione può saltare rapidamente da un oggetto all’altro. "

Questo si rafforza ne "I dodici Guaritorie i sette aiutanti": “Per coloro che soffrono molto per l’incapacità di decidere fra due o tre cose, considerando giusta ora una ora l’altra. Sono di solito persone tranquille, che sopportano in silenzio le loro difficoltà, non essendo portate a discuterne con altri. " Qui, verso la fine della frase già emerge un aspetto che poi vedremo in WILD OAT: difficoltà nelle priorità e voler vivere tutto in simultanea senza lasciare niente fuori. Forse bisognerebbe cominciare a immaginare SCLERANTHUS, prigioniero di una difficoltà a rinunciare a qualcosa. Che la sua indecisione non solo fa parte di un'incertezza su qual è la strada giusta, ma anche di un desiderio di vivere tutto, di includere tutto. E, la difficoltà in ciò che desidera sarebbe annettere, ma non sa come farlo, infine, ne "I dodici Guaritorie altri rimedi", Bach riassume gran parte di quanto detto in precedenza ma aggiunge il tema della comunicazione e della riserva, come MIMULUS o AGRIMONY: "Per coloro che soffrono molto per l’incapacità di decidere fra due cose, considerando giusta ora una ora l’altra. Sono di solito persone tranquille, che sopportano in silenzio le loro difficoltà, non essendo portate a discuterne con altri. "

Nora Weeks, scrive a proposito di Scleranthus, nel bellissimo testo "I dodici rimedi del Dr. Bach dal punto di vista di un profano", che Bach elogia molto perché, credo, lei era in grado presentare il suo insegnamento in modo semplice e gentile. Ed è necessario per scrivere quello che segue. "SCLERANTHUS . Lo stato di fluttuazione indecisa. Quelle persone di cui si dice: "non sono mai sicure di niente, prima dice una cosa e poi un'altra, è così imprevedibile in tutto quello che dice e fa." L'indecisione e l'incertezza si mostrano anche nei loro movimenti, sono instabili , non sono in grado di camminare completamente diritti, dubitano quando attraversano la strada, avanzano fino a metà e poi retrocedono. Essi non possono arrivare velocemente ad una determinata decisione, oscillano tra ottimismo e pessimismo, in un dato momento sono di buon umore e il successivo sono depressi. Nella malattia i sintomi appaiono e scompaiono, il dolore prima è in un luogo e poi in un altro, la temperatura è oscillante. Cambiano continuamente opinione su ciò che desiderano mangiare o su come dovrebbero essere collocati i cuscini. La loro incertezza mentale produce l'incertezza nel corpo, come, ad esempio, vertigini, tremori, azioni e movimenti incontrollabili. Questa fase si svolge spesso durante la convalescenza, si mostra nel modo di camminare maldestro e insicuro, nelle vertigini che accompagnano il cambiamento dall’essere disteso al sedersi, alzarsi e camminare."           



                                 



Scleranthus: I crocevia
I crocevia hanno, da molto tempo, un potente e attraente mistero che, in molti, evoca uno spazio d'incontro con la nostra Ombra e forse, per questo, i greci mettevano, questa combinazione geomorfologica, sotto l’invocazione della temuta e amata Dea Ecate, la dea della Saggezza Psichica, legata all'Arcano della Luna. Ma anche il bivio fa riferimento a quei luoghi mitici dove accadono le cose importanti della vita. Vediamo, per esempio, la tragedia di Edipo. Là tutto ciò che è decisivo del racconto accade agli incroci, a partire da quello di Megas, dove lo sfortunato eroe uccide, senza sapere chi fosse, suo padre. In tutti i miti, in modo topologico o simbolico, i crocevia sono associati a momenti di svolta di un destino e di una vita. Lo stesso accade nella storia di ogni essere umano.

Se ci tocca affrontare una situazione o una decisione complessa e ardua (e, in SCLERANTHUS, decidere è già un problema) ci riferiamo a questa circostanza, in modo colloquiale, come: "sono a un bivio". E ciò implica che ci troviamo di fronte a vari sentieri, diverse opzioni, senza sapere quale sia la cosa giusta da fare. Da un lato, ci pone davanti a "soglie" da attraversare per seguire il percorso ma, dall'altro, ci colloca di fronte all'angoscia che si sviluppa nel dover scegliere, di fronte alla condizione di essere liberi. Il bivio allora è sia un limite che un dilemma. Ci chiediamo, stiamo prendendo la strada giusta? Tuttavia, non è solo questo. L' Anima sta compiendo un viaggio attraverso la "scuola della terra" e, all'improvviso, l'omogeneità del suo cammino si spezza, si trova di fronte a un'avversità, un ostacolo che ferma il suo tragitto.
  
Quindi, il crocevia funziona come una "frattura" nella propria marcia evolutiva, come una sfida a ridefinire la rotta, cercare di dare continuità a ciò che si è fratturato. Di fronte a questo, SCLERANTHUS deve essere in grado di superare la soglia, risolvere il dilemma, vedere il blocco presente come uno specchio che mostra qualcosa che non si vede di noi, e costruire un ponte per ripristinare la sequenza del proprio percorso. Ho la convinzione, fondata su alcuni fatti, che, nella preparazione di questo fiore, Bach cercava il rimedio per superare compromessi che lo tormentavano e, in cui, era immerso in modo da poter continuare a compiere la sua missione. Forse, non si trattava solo di un conflitto tra i sentieri della propria ricerca che si diramavano e doveva scegliere una direzione, ma di qualcosa di più profondo e più legato al suo mondo interiore.
  
Ora guardiamo i crocevia da un altro punto di vista: come spazi che non sono destinazioni ma che è necessario attraversare per arrivare dove stiamo andando. O meglio, come luoghi in cui si manifesta l'energia vitale per trasformarsi, ripensare la direzione della nostra vita e, forse, modificarla. Mi sembra quindi opportuno pensare che i crocevia siano simboli di decisioni importanti che provocano un cambiamento qualitativo nella nostra vita e in cui sentiamo che dopo questa mossa, non si può tornare indietro. E non siamo lontani dall’evidenziare che è questa percezione che intrappola SCLERANTHUS nel suo malessere e confusione. Sente che in ogni occasione in cui sceglie un'alternativa, non può più ripercorrere la strada tracciata. È accaduto qualcosa di tale natura che non è più possibile tornare a essere gli stessi di prima.
  
E, questo, acquisisce la condizione di un'iniziazione con tutte le ansie che naturalmente tale esperienza risveglia. È come se ci stessimo spostando da una posizione che è già esaurita e consumata, all'inizio di qualcosa di nuovo. In questo contesto, l'indecisione SCLERANTHUS è un modo per resistere a questa mutazione. Tuttavia, non bisogna perdere di vista che il crocevia, la dualità, il dilemma, per riuscire a decifrare il senso che porta nella nostra vita, richiede di essere attraversato, di essere vissuto. È per questo motivo che, in SCLERANTHUS, c'è una svolta, uno spostamento nel percorso che fa Bach sugli ultimi tre dei Dodici Guaritori che prepara - WATER VIOLET, GENTIAN e ROCK ROSE – che hanno una natura diversa da quella dei precedenti Nove. Forse, una certa, saggezza lontana e sottile che li avvolge.







Scleranthus: La dea Ecate. Ombra, chiave, specchio
Per Bach il processo di evoluzione non consiste nel raggiungere la perfezione, ma, come ha detto Jung, la completezza. In altre parole, evolvere è essere di più, ed essere di più significa unirsi di più, secondo Pierre Teilhard de Chardin. Senza dubbio un'idea dell'epoca. E, tra quello che bisogna aggiungere a tutto ciò che siamo, si incontra quella parte di noi esclusa e respinta, la nostra Ombra. Farlo significa attraversare una soglia, superare un dilemma, costruire un ponte, in breve, un'iniziazione. Oppure, un'esperienza SCLERANTHUS. E, anche se non lo abbiamo spesso presente, il ritardo e la procrastinazione di questo tipo floreale, di fronte a un crocevia della vita, riflette la scelta di abbracciare o meno la propria Ombra.

È solo che, se uno si immerge sul sentiero che porta all'oscurità, la paura è incontrare aspetti di sè stesso che si preferirebbe tenere nell'oblio. Ma senza questo passaggio - un transito senza ritorno - non c’è evoluzione. Senza questo salto non recuperiamo il senso della nostra missione nella vita, che abita nello spazio estraneo alla coscienza, in attesa di essere scoperto. Nascere divide in due ciò che prima era uno. SCLERANTHUS aiuta a recuperare l'unità, non solo nell’esteriorità della vita come un ritrovo di frammenti di un rompicapo, ma, in sostanza, a ristabilire un ponte, un arcobaleno, tra la coscienza e l'inconscio, tra la luce e le tenebre. SCLERANTHUS è il telaio che intreccia un arazzo, con i diversi fili che siamo. Sicuramente un lavoro complesso. Forse ci aiuterà a capire, in tutta la sua grandezza, la natura e la vicissitudini della Dea Ecate , come una metafora del lavoro di questo fiore.
 
I crocevia, per i greci, sono territorio di Ecate, la dea dell'Ombra. Apuleio, nel suo libro Le Metamorfosi, fa un'interessante descrizione di Ecate dove riprende la prospettiva guaritrice e protettrice di questa dea. Ma chi era Ecate? Secondo la mitologia fu una Grande Dea Madre e, in quanto tale, collegata alle prime forme di organizzazione sociale e sviluppo della coscienza degli esseri umani. Non apparteneva, in origine, alla tradizione greca, ma ne divenne parte centrale e giocò un ruolo significativo nella visione del mondo ellenico. Anche se, nei suoi principi, le sue prerogative si estendevano a tutti i domini, si è specializzata in una direzione molto specifica: magia, stregoneria, mondo delle ombre, dualità lunare...
  
Questa funzione consente di stabilire una connessione con Circe, Persefone e Medea e rende comprensibile il nome di Signora dei Crocevia, che era il luogo, per antonomasia, dell'atto magico e delle determinazioni significative della vita. Incrocio di tre strade (o trivios), dove i greci collocavano i pali con le maschere di ognuna delle loro tre teste, che guardano in direzioni diverse. Un'immagine che si ritrova in alcune delle rappresentazioni dell'Arcano della Luna dei Tarocchi e che si riproduce nei tre livelli delle cattedrali (cielo, terra e mondo sotterraneo) o nella struttura tripla degli esseri umani (Spirito, Anima e Corpo) dell'alchimia. In tutti questi posti, in molti altri, è Ecate .
  
La funzione di Ecate ai crocevia deriva dalla sua presentazione più primitiva di dea delle terre selvagge e delle zone inesplorate (un'immagine ancestrale delle regioni inconsce), il che la rende legata, anche, con Hermes, dio dei confini (che tende a CENTAURY) che, all'epoca, guidava le anime dei defunti dinanzi a tribunale formato da Minosse (Re di Creta), Éaco (Re di Egina) e Radamantis (fratello di Minosse) che emetteva il proprio destino che era fissato, quindi un legame interessante tra Ecate, Persefone e Hermes.
Ha ricevuto numerosi nomi: "Propylaia" (quella che tiene le porte); "Propolos" (legata alla fortuna, da cui si associa ad Hermes); "Chtonía" (con la terra, aspetto collegato con Demetra); "Phosporos" (con le torce e per il suo ruolo di guida nell'oscurità); "Kourotrophos " (badante di bambini); "Kleidouchos" (quella che tiene le chiavi)...
  
Nelle immagini esistenti - dipinti, sculture e ceramiche - Ecate di solito compare con una o due torce nelle mani, in luoghi magici, come biforcazioni o boschi, siti in cui si lascia vedere sotto forma di una donna a tre teste, a volte coronata con il "Kádathos" (corona a forma di mezzaluna) e con diverse braccia. Le sue rappresentazioni più vecchie non cambiano troppo e la presentano come ieratica, statica e frontale. Alla fine dei tempi classici Ecate si raffigura come una dea vestita a lungo, portatrice di torce e in contesti legati all'oltretomba, come accade, per esempio, quando accompagna, in vari passaggi, i protagonisti del mito di Demetra e Persefone. Nelle versioni mitiche arcaiche, fu riconosciuta come la Signora del Cielo, delle Acque e della Terra. Da qui deriva anche la sua triplicità che, successivamente, si sposta verso i crocevia di tre vie o altri attributi trittici. Essendo una Signora dei Tre Regni e avendo la capacità di spostarsi da uno all’altro senza problemi, questa qualità la rendeva favorevole per essere designata custode delle soglie e dei transiti, degli spazi e dei momenti di passaggio e, per questo motivo, era considerata protettrice delle porte, confini e qualsiasi cinta territoriale, in particolare nei punti in cui cielo, terra e acqua convergono.
  
Il fatto che venga rappresenta con triplo corpo o tripla faccia fa immaginare uno stretto legame con la luna (le tre fasi lunari) e quindi con Artemide, con cui mantiene una certa affinità mitica, al punto che, nel Tempio di Artemide a Efeso, era stato eretto un luogo sacro consacrato ad Ecate. D'altra parte, per i Greci, l'albero del salice dedicato ad Ecate, Circe, Era e Persefone (impertinente riunione di archetipi femminili), simboleggia vari aspetti della morte della Tripla Luna, dea venerata da streghe, sacerdotesse e maghe. E non meno curiosa è un'altra costellazione archetipica che comprende Elena di Troia, Medea, Pandora e Circe, che così come il primo gruppo evoca l'archetipo della donna maga, questo secondo gruppo quello della donna fatale. Inoltre, è spesso rappresentata da Ecate con un coltello in mano e, a volte, tenendo una corda, una chiave, fiori o un melograno (frutto dell'oltretomba, anche se era più probabile che fosse un grappolo d’uva).
  
La chiave si riferisce al ruolo di Ecate come custode delle porte e, in particolare, delle porte della "conoscenza sacra". La invocava come "l'oscura" e il suo nome, che significa "raccogliere saggezza da fonti profonde", non rende giustizia ai suoi talenti. Era considerata la dea delle transizioni e dei dilemmi, quella che accompagnava i processi delle persone per compiere il passaggio di trasmutazione dall'oscurità alla luce, dal vecchio al nuovo, dalla morte alla vita.Tuttavia, una dei suoi appellativi già menzionati, Phosporos, colei che porta la luce, solleva inquietanti domande ed indica ancora una volta che la luce proviene dal buio. SCLERANTHUS si trova nel buio della confusione e dell'ambiguità e, in questo caso, la richiesta è di rendersi conto di poter fare di questa difficoltà un punto di appoggio. E questo si raggiunge prendendo questo fiore.
  
Ecate era l'unica che poteva sentire i lamenti di Persefone negli Inferi e grazie all'aumento del suo potere, che le aveva concesso Zeus, possedeva la capacità di scendere negli Inferi e di poter tornare sulla Terra in continuazione. In questo modo, la sua figura diventa una solida immagine archetipica per inscenare il processo della persona che si immerge nella propria Ombra e poi ritorna alla luce della coscienza avendo integrato ciò che prima era escluso dalla totalità del suo Essere. Come Signora delle Porte, comprende ciò che dà accesso all'Ombra (per andare dalla terra agli inferi), era la custode della chiave con cui si apriva quella porta.
  
La chiave ha molti significati nascosti.
È un simbolo dell'apertura del portale che fa in modo che la luce dell'Anima entri nella personalità, ma anche l’ingresso della coscienza nell'Ombra. Una porta che solo la persona stessa ha la possibilità di aprire e attraversare. Una chiave fusa nel metallo dell'audacia, caratteristica di un buon "comandante". Ciò presuppone che, nella misura in cui la persona decida di non varcare la porta dell'Ombra (che la farebbe arrivare naturalmente alla coscienza, ed eliminare la resistenza a vedere la sua manifestazione come una parte familiare della vita), l’Ombra attaccherà l’Io con sintomi, sogni e una serie di aspetti che costringono gli esseri umani a vedere, in modo palpabile, quello contro cui lottano evitando che diventi cosciente. E questo è causato dal reprimere la propria Ombra invece di accettarla come parte di sè.
  
Pertanto, parte del lavoro di evoluzione è di essere, ognuno colui che apre la porta di accesso alla propria Ombra per immergersi in essa e scendere nei suoi abissi, senza indugio e opposizione, fatto che, normalmente, non succede. È solo che l’Io, non accetta in maniera onesta di svolgere questo compito senza ribellarsi. E il risultato di questa opposizione è che l'Ombra, privata del fluire verso la Luce, negata la sua possibilità di essere riconosciuta, assale e rapisce l’Io dal suo paradiso di ignoranza, come fece Ade con Kore. È assolutamente vero che i sintomi e i sogni esprimono l'Ombra ma, uno spazio propizio dove l’Ombra drammatizza la sua presenza, sono gli altri.
Anzi, l'Ombra sono gli altri.

Ciascuno di quelli che compongono il tessuto di sostegno dell'esistenza di una persona fa parte della sua Ombra. Ciò deriva dal fatto singolare che, attraverso gli altri è come se scoprissimo la nostra stessa Ombra. Il segreto per raggiungere la conoscenza di sè stessi consiste, in parte, nell'aprirsi alla realtà speculare, avvolgere gli altri in un abbraccio e danzare con loro nella vita senza lasciare l'abbraccio fino a quando la musica smette di suonare, come succede nel tango. Gli altri sono specchi, riflettono ciò che ciascuno non vede di sé grazie alla dinamica dell'attività proiettiva: depositare nell'altro, in modo inconscio, qualcosa di proprio senza riconoscere questa appartenenza. Se si guarda uno specchio, lo specchio ha, sul retro, una parte oscura: lo strato metallico. Lo specchio, per essere tale, deve avere uno strato metallico argenteo, avere la propria Ombra. Se non fosse così, si vedrebbe attraverso il vetro e lo specchio non svolgerebbe la sua funzione.

Cioè, senza Ombra, senza lo strato metallico argenteo, non c'è possibilità di riflesso. Così, gli altri, sono l’argento della vita. Si vede nell'altro quello che non si vede in sè stessi. Per questo motivo, rafforzare le relazioni è fondamentale per scoprire l'Ombra e, quando si evitano i legami che la vita propone, in realtà, ciò che si rifugge è di camminare lungo il sentiero che, dall'Anima deve transitare per incontrare sè stessi e imparare.
Abbiamo riflettuto sul fatto che la clinica insegna, come SCLERANTHUS offre alle persone la capacità di rafforzare legami?

È notevole la sezione finale della descrizione che il dizionario fa della parola “chiave”: "uno strumento usato per aprire e chiudere le serrature incorporate in oggetti che si vogliono proteggere da accessi esterni". Quando non è possibile vedere la propria Ombra, si sente la sua presenza come qualcosa di estraneo, che disturba e che sarebbe preferibile lasciare fuori, chiudendo a chiave le porte al suo ingresso. Ma l'Ombra appare dietro la porta, come penombra, come riflesso di uno specchio e, per questo, la sua presenza travolge.
 
È la pecora nera della nostra biografia, di una "parte diversa e poco raccomandabile " di noi stessi che non si "quota al mercato della società " e che quindi si vive come qualcosa di negativo e indesiderabile così come succedeva con le pecore di pelo nero in un allevamento, evento poco favorevole per il suo allevatore, perché la lana di queste pecore non si commercializzava alle aste. Che la lana nera venga rifiutata all’acquisto, dipende dal fatto che non ha la possibilità di essere tinta a meno che prima non si sbianchi, e racchiude una traduzione simbolica: l'oscurità solo se cessa di essere ciò che è, merita di essere accettata e diventa luce.

Tuttavia, il mercato come valore e figura della società ha derivazioni semantiche che lo associano non solo con fiera, asta, compravendita, vale a dire uno spazio di scambio economico, ma con celebrazione, festa, luogo dove il Dio Mercurio lascia il passo a Dioniso e inoltre, tempio, territorio in cui riappare Dioniso sotto un altro volto. Lungo questo binario, sia Nietzsche che Hölderlin, profetizzarono l'arrivo di un prossimo dio, Dioniso, con cui si celebra la sacralità del mondo, e si esorta a continuare a creare dei al punto che, Nietzsche, si lamenta nell'Anticristo, del monotono teismo Judeocristiano. Lì commenta, con la sua solita ironia e impudenza: “duemila anni e nessun nuovo dio, che noia, un popolo celebra se stesso e celebra la vita nei suoi dei.”

Tutto questo commento cerca di sottolineare che all'Ombra viene impedito di esprimersi come tale in vari spazi trasversali della società e della cultura dal mercato ai templi. La pecora nera simboleggia la ribellione, il deragliamento dello sperato, la rimessa in discussione della stabilità, la ricerca di sè stessi attraverso sentieri diversi da quelli fissati.... in sintesi, la voce dell'Ombra che chiede di essere ascoltata. Per questo motivo, gli unici luoghi in cui l'Ombra non solo è ammessa, ma apprezzata e valorizzata, sono le esperienze mistiche, mitiche e psicoterapeutiche. Allora lo specchio restituisce il riconoscimento a quella pecora nera indispensabile che vive nel gregge delle maschere e finzioni di ogni persona. Jorge Luis Borges, in un poema rivelatore sugli specchi dice: “Io, che provai l’orrore degli specchi / non solo dinnanzi al vetro impenetrabile / dove ha principio e fine, inabitabile, / un irreale spazio di riflessi (….) Il cristallo ci spia. Se tra le quattro / pareti della stanza c’è uno specchio, / non son più solo. C’è il riflesso, l’altro, / che appresta all’alba un tacito teatro” (Gli specchi)

C'è sempre l'altro che fa precipitare l’Io per incontrare la sua Ombra. A volte, per la via del dolore, altre con l'amore; l'altro spinge, sia verso il dolore o l'amore, per una ragione che supera ciò che l’Io è capace di comprendere. L'apparente disordine che le situazioni di ingiustizia, tradimento, umiliazione, abbandono o rifiuto relazionale implicano e mantengono, tuttavia, hanno un ordine complesso di motivi dell'Anima, affinché qualcosa sia di un certo e preciso modo, nel rapporto con gli altri. In questa sfumatura, la chiave è sia simbolo di apertura all'Ombra, che di apertura della personalità alla Luce dell'Anima e dell'Anima alla notte terrena.
 
E in questo modo, e in generale, l'Ombra appare proiettata negli altri, quando non si apre la porta d'ingresso alla coscienza. Inoltre, lo fa nei sogni o negli episodi che accadono nella vita e, questi frangenti mostrano frammenti di situazioni, che la persona non vuole affrontare, che non desidera accettare come propri. Al riguardo "Carl Jung" ha affermato che ognuno di noi proietta un'Ombra tanto più scura e compatta quanto meno è incarnata nella nostra vita cosciente. Questa Ombra costituisce, a tutti gli effetti, un impedimento inconscio che rovina le nostre migliori intenzioni.
Così, quando una persona scende nell'Ombra, deve essere aperta a tutto ciò che emergerà. E questo "tutto", in linea di principio e fino a prova contraria, bisogna pensare come se fosse opera e parte dell'Ombra. Per questo è necessario aggiungere il commento di Jung sul fatto che, l'Ombra, opera alle spalle delle persone sviando le intenzioni originali. Questo uscire dai binari ha un senso: l'Ombra spinge dove si deve davvero andare, mostra ciò che realmente si sente al di là delle maschere difensive dell'Io. Questo è un argomento che conferma lo slogan clinico: credi in ciò che i pazienti fanno, non in quello che dicono; credi in ciò che la gente fa, non in quello che dice.







Scleranthus: La caverna, il contatto con l’Ombra
Un esercizio rituale, di lavoro sull'Ombra, consiste, attraverso l'immaginazione attiva o il sogno guidato, nello scendere in una caverna, che costituisce un interessante strumento di esplorazione interna. Questa liturgia immaginaria, promuove la scoperta di ciò che è represso e respinto dalla coscienza e, a tal fine, propone la connessione con l'Ombra attraverso l'incursione in una grotta, costruita nell'intimità psichica. Come archetipo, la caverna, è simbolo di profondità, concavità, mistero, centro, comunicazione di chiarezza con l'opacità dell'essere e viaggio all'Ombra.

Nelle sue profondità, l’Io impara a vedere, poco a poco, nel buio, ad accettare con serenità il qui e ora, e vivere con integrità il momento presente, pieno di luci e assenza di queste. D'altra parte, la caverna, come simbolo, invita a entrare in contatto con la terra, a sentirne la durezza, profondità e umidità. In essa, la coscienza, impara ad ascoltare il silenzio, assaporare la solitudine, rivivere esperienze significative, esplorare nuove dimensioni di sé e avere una stretta relazione con i limiti dell'esistenza. Così, la caverna rappresenta il simbolo dell’enigma, vita, rifugio e morte. In essa la personalità impara a scoprire la presenza misteriosa dell'Anima, una presenza che sempre stupisce anche se, nella maggior parte dei casi, sconcerta. Da un punto di vista più psicologico, la grotta è simbolo di interiorità abitata, di una struttura contemplativa dell’ "Io unificato" ma anche della dimensione femminile dell'essere umano. Tutto ciò rende la caverna una geografia con qualità favorevoli per fungere da teatro nella drammatizzazione del viaggio dell'Io verso il suo lato sconosciuto. SCLERANTHUS è il traghettatore di quella navigazione.
 
All'inizio del tragitto verso l'Ombra, è abbastanza normale che l'oscurità di una sfera sotterranea provochi paura. Anche le proprie ombre che ognuno proietta, risvegliano questa emozione. Poi la persona si abitua a camminare tra ombre nel buio della grotta, i sensi si adattano a questa condizione ed è possibile rendersi conto che si "vede nell'oscurità". La caverna si costituisce, allora, in uno spazio esploratore e che occulta la coscienza. Ursula Leguín, nelle Tombe di Atuam, fa dire ad uno dei suoi personaggi " tu sei come una lanterna, avvolta e coperta, nascosta in un luogo buio. Tuttavia, la luce brilla, non hanno potuto spegnerla....”
 
È possibile condurre il rituale della caverna in un luogo reale. Qualsiasi luogo in cui sia possibile scivolare, in modo progressivo, verso una maggiore oscurità e che, allo stesso tempo, permetta, man mano che si scende, il fluire di sensazioni, affetti e ricordi, è favorevole a questo compito. La dinamica allude al fatto che, quando si scende in una caverna, ciò che si sta effettivamente promuovendo è realizzare una pratica di collegamento del reale e apparente con l'Ombra. Il lavoro può essere svolto in modo simbolico, ma il reale è una forte mobilitazione di coscienza.Un altro esercizio di contatto con l'Ombra è di coprirsi gli occhi e muoversi nello spazio, il più a lungo possibile, senza vedere. Si tratta di registrare ciò che si prova, osservare ciò che, naturalmente, nasce come sensazioni.
  
La coscienza accomoda il fatto che, la visione, ha una funzione di controllo molto importante e come, tutto ciò che ha a che fare con il controllo, allontana la persona dalla sua Ombra. Invece, camminare senza vedere, porta l’Io all’Ombra. Come nella metafora di Edipo, non vedere con gli occhi materiali può aprire la visione agli occhi dell'Anima, essere in maggiore comunicazione con il centro dell’Essere. Qual è l'idea di questi atti? Aprire la porta dell’Io all'Ombra e guarda cosa sta sbocciando, fatto che richiede di essere presente nel presente, di non controllare, fidarsi. Lascia che la vita prenda il timone della nave della personalità e la guidi dell’Anima nella navigazione. Sii aperto e pronto all'inaspettato e non c'è cosa più inaspettata degli altri.






Scleranthus: La chiave e la frusta, un viaggio verso l'Ombra
Torniamo alla chiave. Per accedere al campo d'informazione di questo simbolo è opportuno acquistare una chiave antica e metterla, in modo rituale, in un luogo visibile e quotidiano, dove ogni giorno si vede. Così, la chiave, rappresenterà una chiave di risonanza, non solo emergerà come uno strumento che apre e chiude, ma come un valore, come la figura che racchiude il segreto di poter risolvere qualcosa. Accanto alla chiave, un altro simbolo o emblema del viaggio attraverso l'Ombra è la frusta. La frusta ricorda il modo in cui noi umani abbiamo di punire noi stessi, la nostra grande abilità nell'arte di rendere le nostre vite amare. La presenza della frusta come simbolo non è di ricordare il maltrattamento degli altri ma il proprio, colui che ogni persona dà a se stessa e, con il quale, si priva della capacità di godere del piacere e richiama la sofferenza.

Insomma, il modo in cui ci si ferisce e ci si fa male. E, ogni persona, sviluppa alcuni modelli per danneggiarsi, con uno stile unico che tradisce la natura del sabotatore interno che si trova nel profondo delle proprie viscere affettive. In modo che, durante il viaggio attraverso l'Ombra, non solo bisogna esplorare i modi disponibili per aprire la porta che conduce ad essa, ma anche le caratteristiche del sabotatore interno che si rifugia nelle pieghe dell'Ombra e che, da lì, attacca e tortura, (ben rappresentato in AGRIMONY) impedisce i processi di cambiamento, mantiene chiuse le porte delle carceri emozionali che fanno soffrire e ci lega a relazioni tossiche.
E, quando la coscienza riesce a connettersi con le sbarre, con quello che viene praticato in modo abituale per non essere felice, e quando si visualizza il volto del sabotatore, l'avversario interno, il tocco dell'Ombra permette di lasciarsi dietro schemi che allontanano la coscienza dalla luce, il godimento e l'amore. Il fatto è che, chi soffre, non si ama e, quando uno non si ama, è incapace di amare l'altro in modo completo. SCLERANTHUS ci offre la possibilità di integrare la doppia condizione dell'amore per se stessi e l'amore per l'altro.
  
Nel viaggio attraverso l'Ombra, ognuno trova quelle cose che ignora, che sono quelle che lo fanno soffrire. Dal buio, questi fantasmi e draghi mantengono il loro potere mentre riescono a nascondersi lontano dalla luce. Portare la luce lì è togliere alla frusta la sua potenza e il suo senso di essere. Tuttavia, c'è una forza oscurante, che produce un fenomeno curioso e tremendo: l'effetto frusta. In cosa consiste questo mostro? È il frutto della tendenza all'autodistruzione, che giace in tutti gli esseri umani, che ha deviato dalla sua giusta direzione ed è diventato abitudine, e che ora ha la capacità di abbattere ogni tentativo, della persona, di avanzare nella direzione della felicità.
  
Da lì è da dove vengono difficoltà, confusioni, conflitti, ritardi, pensare di non meritare, autoaccuse... In modo che, seguendo questa linea, è ammissibile dire che, mentre la personalità è soggetta all'effetto frusta, il viaggio di ritorno dall'Ombra alla Luce, dalla sventura alla felicità, dalla rigidità alla flessibilità, sarà più lungo, moltiplicando la complessità e la durata del viaggio. Cos'è che c’è alla base ognuno che impedisce la gioia? Cosa si pratica per separarsi dagli altri? Che cosa è ciò che ognuno crea per non accedere alla gioia della vita? Gandhi diceva, essere felici è semplice, la cosa difficile è essere semplici. È una frase incantevole per la nitidezza di ciò che rivela. E questi congegni che si dispongono per scoraggiare la vita, sono le difficoltà che si costruiscono per evitare di essere felici, per non rendere la vita semplice.
  
Questo è ciò che ricorda la frusta alla coscienza, come metafora di ciò con cui la persona si auto-castiga: senso di colpa, lamento, paura, risentimento, sforzo, ideali esagerati, privazione del godimento.... O, in modo più sofisticato: pensare che il destino scriva la vita; che alla vita si arriva per sforzarsi; che dobbiamo sempre servire gli altri; che se uno non ha una disciplina nella vita si si va fuori strada, che la vita non ha senso; che fino a che non si raggiunge la giustizia non c'è felicità; esaurirsi e non essere presenti nel momento del piacere; e, infine, dividersi in molte cose per non essere in nessuna e non godere, ciò in cui si si è in quel momento. La verità è che ci sono argomenti che mortificano, abbattono e sconfortano, che rendono impraticabile la gioia dell'esistenza ed è bene scoprire quali sono. In generale, si possono riassumere in due aspetti: la fame di amore insoddisfatto e la fame di potere insoddisfatto. Allora, quel pezzo di pelle ricorda come ognuno, si punisce cercando vette d'amore o vette di potere, invece di godere delle valli della grazia.
Quale autodistruzione è SCLERANTHUS ? Le tre "i": incostanza, instabilità, indecisione.







Scleranthus: Il pugnale, il labirinto e fuoco. Luce, rituali e simboli
Un terzo attributo di Ecate è il pugnale, che rappresenta la risorsa di cui dispone ognuno per affrontare i nemici interni in agguato che si nascondono, perseguitano e fanno soffrire. Borges lo descrive in un modo imperdibile nel capitolo a Margherita Bunge in Nuova Antologia Personale: "... in un cassetto della scrivania, fra lettere e scartoffie, interminabilmente sogna, il pugnale, il suo naturale sogno di tigre, e la mano si Anima nell'alzarlo perchè il metallo si Anima, il metallo che avverte a ogni contatto l'omicida per cui gli uomini lo crearono....."

La frusta, la chiave o il pugnale sono simboli che innescano i movimenti dell’Anima. Provocano effetti perché sono campi d'informazione attivi, archetipi vivi dell'inconscio. Quindi, anche se la coscienza non lo percepisce, davanti alla loro presenza accade un fenomeno di trasformazione della pietra grezza della personalità, per il solo fatto che sia presente davanti agli occhi. Le cattedrali gotiche possiedono una magia unica che cattura. Entrando in una di queste, si sentono risonanze coerenti con il posto in cui ti sei addentrato. Lì si scatenano processi e si risvegliano immagini, cosa che accade, anche se l’Io ignora che questa dinamica si stia originando.

Ed è così, per il fatto che le cattedrali, sono vortici di informazioni che aprono memorie collettive che vivono all'interno di ogni essere umano, come lo sono, per esempio, la luce di una vetrata, di un cristallo medievale o di un labirinto disegnato o scolpito sul pavimento di un tempio, come accade a Chartres. Tutti questi simboli sono maniglie che aprono processi all'inconscio collettivo. Ma allo stesso tempo, questi siti e oggetti, memorizzano l'evocazione dei rituali e, i rituali, sono codici simbolici che liberano la porta della coscienza dagli ostacoli che impediscono la connessione con l'Anima. Da li deriva, l'importanza dei rituali.

Ci sono rituali attivi, dove la persona fa il movimento cerimoniale ma, ci sono altri che sono passivi, registrazioni o iscrizioni di ogni tipo, opere e forme, che sono esposte e che producono effetti, concatenazioni che colorano la struttura labirintica dovunque si vive e dovunque su va. Mi permetto di condividere un pezzo del mio diario personale. " Porto sul mio petto una medaglia d'argento con l'incisione di un labirinto. Su di essa si è svolto, molti anni fa, un rituale di protezione. Ogni giorno, ogni mattina, la mia mano accarezza questo oggetto, come un rituale e questo gesto evoca un gesto primordiale, collettivo e millenario, di cui il mio è una ripetizione. Quindi, in linea con il mio gesto, tutta la forza contenuta di milioni di reiterazioni dello stesso atto, da milioni di persone da secoli, si concentra in quel momento e in quell'azione. La mia mano non è solo la mia mano, né quel labirinto, solo quel labirinto. Sono tutte le mani e tutti i labirinti, in un tempo tutti i tempi." E’ che, in qualche modo, i crocevia assomigliano ai labirinti e SCLERANTHUS è un fiore che ci aiuta a uscirne.

Borges era affascinato dal concetto del labirinto e lo ha usato molte volte nei suoi scritti: "... seguo l’odiato sentiero di monotone pareti / ch’è il mio destino./ Dritte gallerie / che si incurvano in circoli segreti, / passati che sian gli anni." Anche io soccombo alla magia dei labirinti anche se manco della penna poetica di Borges. Il labirinto ha molti significati: un luogo dove perdersi per poi ritrovarsi, incontro dei quattro elementi, yin e yang, protezione della saggezza, luogo dei misteri, immagine del mondo sotterraneo, rappresentante simbolico dei tropi dell'universo.... Quindi, il labirinto può essere visto da molti punti di vista, e una funzione che sviluppa è quella di proteggere, nel centro, chi lo abita o ci cammina.

Protezione che, a volte, sembra una prigione. Alejandra Pizarnik lo dice splendidamente: "al centro puntuale del groviglio / c'è un altro prigioniero, Dio, il ragno." Un'altra importante funzione rilevante del labirinto è quello di permettere a ciascuno di mettersi alla prova. Vedere fino a che punto è capace di districarsi tra le pareti del labirinto. Certo, è possibile che il labirinto catturi e non lasci uscire, intrattenendo e facendo girare l’Io nei suoi percorsi contorti. Nell'antichità c'erano labirinti in tutte le geografie e le culture. La teoria di Rupert Sheldrake dei campi morfici o morfogenetici permette di spiegare il fatto che un labirinto, in particolare, non è solo una geometria, ma ciò che accoglie tutte le informazioni dei migliaia di labirinti che sono stati utilizzati, nel corso di migliaia di anni, dall'umanità, come protezione e garanzia di salvaguardia. Che il labirinto sia un archivio di memoria, che la chiave di SCLERANTHUS apre.

Quando un oggetto simbolico, come un labirinto o un crocevia, si manifesta di fronte ad una persona, anche se questa lo ignora, produce conseguenze che operano nella dimensione dell'efficacia del simbolico. La cultura attuale è una cultura molto desacralizzata ma, è la stessa cosa di quando si attacca una croce sul muro di una casa cercando un certo effetto. Non è la croce come tale, ma la croce come chiave che apre la porta a molte dimensioni a partire da una memoria archetipica registrata su di essa come simbolo. Le persone si comportano, di fronte a lei, in un certo modo e ci sono anche coloro che, sapendo solo che una croce si trova nello stesso luogo, si sentono protetti.

Allora i simboli irradiano un significato che ha la capacità di provocare shock e sorprese sul mondo e sulle persone. Ciò significa che, avere una chiave o una frusta, non è avere degli oggetti. Questi oggetti sono un continuo richiamo che colpisce continuamente alla porta dell’Ombra e, a un certo punto, a partire da questa risonanza simbolica, qualche processo si scatena, perché, l'efficacia del simbolico, è una forza reale come l’Elettromagnetismo o la gravità. Una forza che, nella modernità, Freud e Jung hanno riscoperto nel campo terapeutico, ma che gnostici, cabalisti, alchimisti e tutto l'universo dei pensatori non letterati avevano messo in evidenza, partendo da Pitagora e Platone in avanti fino a Claude Levi-Strauss. Gli oggetti possiedono in sé una memoria simbolica derivata dai processi di contatto con il mondo culturale.

Smettono di essere "cose in sè" per acquisire lo status esistenziale di "per sé", di portatrici di significato. In altre parole, per usare una parola abituale che designa questo fatto, gli oggetti vengono caricati (colmati). Di cosa? Del gusto e dell'intenzione umana. Oltre a questo fenomeno, le cose possono smettere di essere solo entità attraverso un rituale di consacrazione. Come accade, per esempio, quando un edificio, fino a ieri una costruzione materiale, è benedetto come tempio e si realizza, a partire da quel momento, in luogo sacro. Lo stesso è possibile fare con una pietra: riempirla di significato. Quella pietra che passa attraverso un processo rituale diventa un generatore di risonanza nella vita. Generatore che esercita un'azione sulla persona a partire da una connessione simbolica inconscia il cui legame è stato stabilito dalla cerimonia di consacrazione iniziale. Ha smesso di essere una pietra per trasformarsi in una cratofanía, una pietra abitata di divinità, di senso.

Tornando al pugnale, di fronte a tutto ciò che è paragonabile fare per affrontare le tendenze autodistruttive e bloccanti della vita, il pugnale porta la domanda: di quali risorse dispongo per affrontare le avversità? Gli esseri umani sono poco favorevoli a concentrarsi sulle risorse di cui dispongono, ma si fermano sui difetti e limiti. Il pugnale ricorda la forza della libertà per trascendere il destino. Julio Cortázar, sintetizza questo punto: "... Il pugnale si intiepidiva contro il suo petto, e sotto batteva un goffo sentimento di libertà....."

Un altro simbolo significativo del transito verso l'oscurità è il fuoco. Simboleggia il fatto che, anche se l'umanità è circondata da tenebre, avversità e difficoltà, c'è sempre luce. Luce che deve essere concepita, qui, come qualcosa che scaturisce da una fonte interiore. La persona è portatrice di luce ed è compito di ogni uomo illuminare l'Ombra, non portando luce dall'esterno, ma da ciò che abita la sua Anima. Le persone cercano luce in molti modi e in molti luoghi: scuola, tempio, insegnanti, religione, scienza, arte, libri, sesso, denaro... ci sono molti modi per cercare luce ma, la vera luce proviene da dentro, è un'esperienza personale di unione con l'Anima.

Man mano che l'Anima guida, e la persona cammina al ritmo delle sincronicità, il risultato è che ogni volta c'è più luce nella sua vita. Luce significa serenità, equilibrio, moderazione emotiva, compassione, solidarietà... Implica tutte queste esperienze e tutte le cose che possono girare intorno a noi e che convergono e si sintetizzano nell’amore. Allora, la luce che viene rappresenta all'esterno, per esempio con una candela accesa, è simbolo di amore. Non è una cosa che viene dall'esterno, bensì un germe interno che deve essere sviluppato. Come? Imparando che l'amore cresce amando, praticando l'amore, in tutte le sue forme, fisica, psichiche, spirituali, in tutte le sue forme e piani. E una semplice fiamma di una candela lo ricorda allo stesso modo come un umile e piccolo fiore, SCLERANTHUS, ci insegna.






Riassumendo Scleranthus
SCLERANTHUS pone il raziocinio davanti alla "struttura dell’abisso" della natura umana. La nostra personalità vede il mondo nei suoi limiti, spazi frammentari, finiti, circoscritti e separati. L'Anima lascia da parte la percezione letterale e ci apre al trascendente, all'infinito. L’integrazione, legge dell'Anima, viene esclusa dal nostro Io che un'immagine parziale e falsa che dalla realtà. L’integrazione -  legge dell'Anima - influenza l'immagine parziale e falsa che il nostro Io costruisce della realtà, tramite l’esclusione. SCLERANTHUS è diviso tra ciò che la logica dice che può essere accettato dalla sua mente e ciò che l'intuizione insegna che è possibile concepire oltre i dati oggettivi.

Forse l'immagine del labirinto, che abbiamo già usato, serve ad esemplificare quel luogo non geometrico dove tutto converge: la congiunzione delle intersezioni. Un labirinto che si rispetti, non ha fine e la sua struttura e funzione vanno nella direzione opposta al registro cognitivo e mentale del pensiero realistico di SCLERANTHUS, prima che impari la sua lezione di vita. Avendo fatto l'incrocio, essendo transitato verso il lato intuitivo della vita, questa Anima, è aperta alla circolarità senza fine, all’ "Eterno ritorno", le immagini speculari di una "casa di specchi", ai sogni in cui si sogna, al vedere sè stesso riflesso nei cristalli, all’essere narratore e narrato, tutto allo stesso tempo.

Torniamo indietro. Il dubbio è una catastrofe nel percorso dell'Anima. L'Anima si ferma e stagna. Si rompe e interruppe il sentiero dell'evoluzione che stava percorrendo. Si rende necessario tessere la rotta, rammendare il lacerato, districare l’aggrovigliato, annodare il razionale con ciò che non lo è, imparare a vedere biforcazioni e le dicotomie come poli complementari, topologie inclusive e non geometrie che escludono. Questo è la fase che da SCLERANTHUS lasciando indietro CERATO e si apre a WATER VIOLET.
Torniamo alla clinica, anche se non l'abbiamo mai veramente abbandonata. Ci siamo persi solo per un po', percorrendo le pieghe dell'Anima di SCLERANTHUS. Abbiamo imparato con SCLERANTHUS molte cose che vorrei condividere con voi:

1) che essere diviso nella dualità, lacerati in una polarità ci porta ad essere prigionieri in una situazione di stallo, carcerati senza poter avanzare nel percorso che l'Anima chiede di fare. Julian Barnard sintetizza molto chiaramente questo punto: "questo stato della mente paralizza la volontà e impedisce all'individuo di muoversi ed agire nella vita." Una Volontà passiva che non è d'accordo con quella attiva di VERVAIN, IMPATIENS e CHICORY ma si pareggia, a volte, con CLEMATIS e CENTAURY. Questa condizione emotiva SCLERANTHUS evidenzia un'incapacità di sapere cosa si vuole nella vita, ma in realtà, quel "non sapere" è una resistenza per non varcare la soglia di fronte al quale la vita lo pone.

2) che l'instabilità emotiva interiore è proiettata e messa in scena in tutto l'universo che circonda la persona di questo tipo. Nelle varie sfere della sua vita, SCLERANTHUS manca di equilibrio e proporzione, sale e scende senza tregua.

3) che la sua propensione verso il cognitivo fa sì che non ascolti la voce della propria Anima: l'intuizione. In questo modo, trova chiusa una comunicazione essenziale per percorrere i sentieri corretti.

4) che SCLERANTHUS tenta ".... di risolvere i suoi conflitti interiori radicandosi profondamente all'interno del mondo materiale. Traggono esperienza nel trattare i problemi della vita con immutabilità e stabilità.

5) che sono persone che dopo aver eseguito un compito sono soggette ad esso. "Per quanto riguarda la lezione dell'Anima le persone SCLERANTHUS non si evolvono verso un nuovo principio né scoprono nuovi obiettivi di vita. Hanno bisogno semplicemente di agire con determinazione e scopo nel mondo." (Julian Barnard). Tuttavia, c'è un aspetto trascendente di SCLERANTHUS che dobbiamo prendere in considerazione: i crocevia, l'archetipo dell' "incrocio " che producono il fatto che il passare dall'altra parte, non faccia solo in modo che non ci sia più ritorno, ma che un ciclo è chiuso e si apre un altro nuovo. E questo mette SCLERANTHUS in un punto clinico curioso: la paura di ciò che è nuovo e sconosciuto.

6) che SCLERANTHUS fornisce armonia e un punto di appoggio che ci permette di decidere in modo proporzionato e trionfante, ad ogni incrocio e labirinto della vita. E le relazioni sono il principale meandro, biforcazione, intersezione, paradosso, cattivo esempio logico e dilemma della vita.

7) che questo fiore ci permette di mettere ordine nella confusione e ci aiuta a raggiungere il nostro obiettivo con tre strumenti: a) chiarezza di visione (per questo Bach lo polarizza con CHESTNUT BUD), b) capacità di decidere rapidamente e c ) "... determinazione e calma di fronte alle difficoltà " (Bach).

8) che, in un modo preciso e unico, SCLERANTHUS ci apre all'ambivalenza dell'amore e dell'amore saggio e inclusivo, ma che mostra anche la lacerazione che questa esperienza affettiva può comportare. Paolo Carbajal lo esprime splendidamente: "che mi neghi il tuo amore non è il problema / né che davanti ai versi che scrivo stai zitta, / io mi dibatto in un viavai che è un dilemma: / amarti o non amarti, e non rispondo niente, / poichè il non amarti è un'opzione già morta/ e amarti è la mia disgrazia più amata."



Scritti tratti da https://www.facebook.com/eduardohoracio.grecco  26/6/2017
Liberamente tradotto da Antonella Napoli - Le parti in neretto, i titoli e la formattazione non sono dell'autore, ma le ho inserite per una più veloce e scorrevole lettura



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Dr.ssa Antonella Napoli, Psicologa e floriterapeuta, P.I. 001355428886 Iscrizione OPL 16607
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